Profilo Bio-Bibliografico

Claudio Bernardi, membro dell’Accademia Ambrosiana Classe di Studi Borromaici, già ordinario in discipline dello spettacolo, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore nelle sedi di Milano e Brescia, insegna Arti performative al Dams di Brescia. È stato direttore del CIT-Centro di Ricerca e di Iniziativa Teatrale “Mario Apollonio” di Milano, negli anni 2016-2020, e Principal Investigator del PRIN Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale (2017-2020) Per-formare il sociale. Formazione, cura e inclusione sociale attraverso il teatro. Dai suoi esordi accademici, nel 1985, ha sviluppato ricerche e prodotto numerosi saggi, apparsi in volumi miscellanei e riviste scientifiche, sul teatro, le feste e la teatralità a Milano nei secoli XVI-XVII. Tra le sue pubblicazioni: La drammaturgia della Settimana Santa in Italia, (1991); Carnevale, Quaresima, Pasqua. Rito e dramma nell’età moderna (1500-1900) (1995); Corpus hominis. Riti di violenza, teatri di pace (1996); Il teatro sociale. L’arte tra disagio e cura (2004); Agenda aurea. Festa, teatro, evento (2012); Eros. Sull’antropologia della rappresent-azione (2015).

ABSTRACT

L’esperienza dei Filodrammatici e l’idea di teatro civile

Nel 1805 la Società del Teatro Patriottico di Milano muta il suo nome in Accademia dei Filodrammatici. Costituitosi nel 1796 il Teatro Patriottico milanese riuniva giovani infervorati dai proclami della Rivoluzione Francese. Analoghi gruppi di filodrammatici sorsero un po’ in tutte le cittadine italiane “liberate dall’antico regime”. È alla fine del Settecento quindi che nasce la storia delle filodrammatiche italiane. Imposero in Italia l’idea del teatro come tempio della libertà e come scuola del cittadino, l’uomo nuovo, libero, uguale e fratello che combatte contro la tirannide e l’oscurantismo della nobiltà e del clero. Il nuovo teatro repubblicano e civile ribaltava il teatro dell’antico regime in cui i personaggi della commedia erano caricature delle classi produttive borghesi e delle classi popolari, ridotte a maschere servili. Mancando la tragedia, era il melodramma a esaltare, sulla scena e in sala, la supremazia di nobili e aristocratici. Anche il teatro musicale dovette adattarsi alla temperie riformatrice e rivoluzionaria del regime repubblicano.
Il rilievo istituzionale, pubblico e civile che assunse il teatro nell’era napoleonica declassò la funzione politica, patriottica, riformatrice delle filodrammatiche repubblicane, anche per motivi di censura e propaganda. Ciò determinò un progressivo spostamento delle filodrammatiche dal terreno politico e sociale a quello tecnico di scuole per la formazione degli attori. Sempre più nell’Ottocento le compagnie professionali attingeranno dalle accademie di teatro delle principali filodrammatiche italiane, come quella di Milano, molte nuove leve di attori. Non solo. Esse diventeranno “la casa” di drammaturghi e attori di grido per riflettere sulla loro arte, sulla teoria e storia della rappresentazione teatrale, per insegnare e trasmettere le tecniche recitative della tradizione attoriale italiana. Soprattutto esse saranno il principale laboratorio di idee, personalità, ricerche, sperimentazioni, movimenti, utopie teatrali in Italia, impossibili nel precario e mercenario mondo delle compagnie di giro.
BIBLIOGRAFIA
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Simona LOMOLINO, Il teatro e la critica teatrale a Milano in epoca napoleonica: il caso di Santa Radegonda, in https://www.academia.edu/21513525/Il_teatro_e_la_critica_teatrale_a_Milano_in_epoca_napoleonica?auto=download